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  • Immagine del redattoreLa Biddina

Storia di una trasformazione

Natrix natrix sicula (lat. scient.), biscia dal collare. Specie endemica siciliana, identificata con la Biddina, la cui storia affonda le radici nella leggenda.


Si narra che, prima di diventare una biscia, la Biddina dal muso rosso, fosse una bellissima ragazza con il rossetto sempre sulle labbra.

La leggenda vede protagonisti due giovani amanti: lei, una bellissima donna, lui non proprio un Adone.

Un giorno, spinto dalla famiglia e sovrastato dalla paura di sfigurare camminandole accanto, tanto era bella, il ragazzo decise di rompere il fidanzamento.

In preda alla disperazione la ragazza fuggì nella palude fuori il paese, cercando la morte nelle acque scure. Ogni sua traccia fu persa.

Pentito della sua scelta e preoccupato per la scomparsa dell’amata, il ragazzo cominciò a cercarla ovunque, ma senza alcun risultato. Passarono diversi giorni, quando finalmente arrivò in quella stessa palude. Si addentrò fino alle acque scure. Era quasi l’alba. Quando un serpente gigante, dai movimenti sinuosi e dalle labbra rosse, cominciò ad avvicinarglisi glissando sull’acqua.

Terrorizzato si diede alla fuga, ma una voce a lui familiare prese a chiamarlo: era la voce della sua amata! Il serpente si era improvvisamente trasformato nella donna scomparsa qualche giorno prima.

Qualche dio nascosto nelle acque scure, non aveva permesso la tragedia, mutando la bella ragazza in una biscia d’acqua. E in memoria della sua bellezza, le lasciò una macchia di rossetto sulle labbra.

Felice del ritrovamento fece ritorno in paese per raccontare a tutti il prodigio, ma nessuno credette al suo racconto e alla fine cominciarono a pensare che fosse diventato matto.

L’uomo, ormai solo, divenne pastore, e ogni giorno portò a pascolare il suo gregge vicino alla palude, per non mancare mai al suo appuntamento con la Biddina, che per pochi istanti, alle prime luci del giorno, ritornava ad essere la donna che mai più riuscì ad avere.


“BIDDINA” in italiano significa “piccola bella”.

Una piccola bellezza che fa paura, che si presenta nelle vesti di qualcosa di spaventoso.

Nonostante sia una biscia innocua, nell’immaginario collettivo la biddina è un grosso serpente, mostro insidioso, furba presenza che mette alla prova, in grado di divorare in corsa anche un cavallo. Un mostro di Lockness siciliano, un monito per bambini curiosi e ladruncoli di frutta. Le dicerie si sovrappongono fino a far scomparire l’immagine del serpente, che diventa sempre più sfocata e confusa, sempre più misteriosa e spaventosa. Le persone più anziane sono restie a parlarne, ma quando si sciolgono nel racconto, si può stare certi che quasi tutti hanno conosciuto qualcuno che ha visto il mostro da vicino, o comunque saprebbero perfettamente indicare dove si nasconda. E ognuno ovviamente indicherà un posto diverso.

Il mito è profondamente radicato nella tradizione della Sicilia interna e delle montagne, tanto che è possibile riscontrare effigi di “biddine” su numerose fontane e abbeveratoi. Spesso il nome muta in “bidditta”, muta l’inflessione, ma non l’aura leggendaria che l’accompagna. A volte è possibile trovare altre versioni del racconto, ma tutte ruotano attorno al tema della bellezza che spaventa e che si nasconde.

Bisogna avere occhi innamorati e desiderio di vederla, per trovarla anche dove sembri non esserci.




L’associazione ha scelto di identificarsi con il mito della “Biddina”, per enfatizzare da una parte il profondo radicamento con il territorio, in quanto ogni attività proposta è basata e cucita addosso al paese e ai suoi abitanti; dall’altra, per specificare il desiderio scoprire il bello che sembra impossibile trovare.

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